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30 aprile 2008

Lo sport ha i numeri per crescere

Dopo un articolo in due parti con tanto di preambolo sulla tematica delle sponsorizzazioni mi pare corretto dare quelli che sono i numeri dello sport secondo quanto elencato da "Pallavolo Supervolley" ad aprile.




  • Giro d’affari pari a 26 miliardi di euro



  • 20 miliardi di euro di valore aggiunto



  • 500.000 adetti che sviluppano reddito complessivo di 7,2 miliardi di euro



  • 1,5 milardi di Euro dedicati alle sponsorizzazioni



  • 1,8 miliardi di esportazioni nette



  • 1,7 miliardi di consumo di abbigliamento sportivo


  • 3,2 miliardi di spesa annua per abbigliamento sportivo in generale



  • 1 miliardo di spesa calzature sportive



  • 190 milioni di spesa per acquisto periodici sportivi



  • 4 miliardi il valore del turismo legato allo sport



Elencati così dicono tutto e niente in realtà ci dicono che lo sport come "settore industriale" è vivo anzi a dispetto di molti altri settori è in crescita i motivi sono tanti.




Da una parte l’accresciuto mercato delle sponsorizzazioni ci dice che l’advertising classico (giornali, affissioni e tv ) oramai è poco efficace e l’unico modo per conquistare clientela è creare emozioni o associarsi ad eventi, come quelli sportivi, per trarne benefici sul mercato.
Dall’altra abbiamo un "consumo di sport" in crescita questo perché (o almeno è la motivazione maggiore) in una società sedentaria come quella in cui viviamo si prende sempre più coscienza che fare sport è importante non solo per entrare nei vestiti dell’anno precedente ma che una vita attiva fa risparmiare anche sulla spesa sanitaria annuale.
Il turismo "sportivo" si lega a questo, alla passione che uno sport praticato a lungo porta con sé, alla socializzazione che lo sport permette di fare durante l’anno e che permette di trovare un punto comune da cui partire, ma già tutte queste motivazioni non bastano. Infatti il turismo legato allo sport tende ad includere coloro i quali vivono una vita salutista e coloro i quali durante l’anno non possono/riescono per vari motivi ad fare sport con continuità.




L’analisi potrebbe essere ben più lunga, noiosa e completa; mi fermo qui in quanto c’è già molto su cui riflettere.

28 aprile 2008

Sponsorizzazioni (Parte II)






In questa seconda parte del mi intervento sulle sponsorizzazioni vorrei per prima cosa far parlare il numero per antonomasia per le sponsorizzazioni ovvero:




  • 1,5 miliardi di Euro dedicati alle sponsorizzazioni



Questo numero può non dire molto, ma dice a tutti una cosa che le sponsorizzazioni sono in crescita e cominciano ad avere un valore complessivo davvero notevole.
La cosa importante è vedere questo numero come valore di una spesa per comunicazione e non per la somma di una questua fatta dallo sport presso le più svariate aziende.




La cosa importante è legarsi ad un messaggio, e qui ci colleghiamo con la prima parte.
E’ possibile collegarsi ad un messaggio sportivo come e quando si vuole, basta un minimo di fantasia.
Così sponsorizzare la squadra di un quartiere periferico può divenire per l’azienda un modo per far vedere che si toglie i giovani dalla strada e dai problemi con la legge; mentre se si sponsorizza una squadra importante ci si può collegare alla tradizione vincente, al particolare calore del pubblico, etc...
In questo il rugby sta bagnando il naso a tutti, almeno per quanto riguarda la nazionale e l’immagine che vuole avere.
Gli sponsor fanno a gara per contendersi i valori nobili di questo sport, basta vedere le ultime pubblicità di Peroni ed Iveco oltre che di Cariparma per capire che ha surclassato sport con tradizione vincente superiore come la pallavolo maschile e femminile, il basket e per certi versi del calcio.
Gli sponsor infatti parlano di valori importanti totalmente staccati dal risultato di campo che su cinque partite ci vede spesso perderne quattro. Insomma la Federazione rugby ha capito come si fa marketing sportivo e su questa strada è destinata a rafforzare il secondo posto tra le federazioni nazionali stilata per ricchezza.




La cosa importante è che la società sportiva sottolinei il messaggio che vuole dare ai potenziali sponsor,
cosa migliore guardandosi al proprio interno e vedendo le dinamiche quali sono, così da fornire un messaggio coerente, inutile vendersi come squadra vincente se poi si lotta per la retrocessione.
Un messaggio così formulato permette alle società di trovarsi a condividere la stagione con sponsor interessati davvero al progetto ed incentivati dalle possibilità che un messaggio socialmente utile permette di dare all’esterno.



In parole semplici i valori creano valore.

19 aprile 2008

Sponsorizzazioni (Parte I)




Socrate era solito iniziare i suoi discorsi definendo in modo conciso e preciso cosa significasse per lui quella parola specifica e da lì partiva a disquisire, proviamo a farlo anche noi.



Sponsorizzazione è l’azione che viene effettuata dallo sponsor, ma cosa significa questa parola?
Secondo il dizionario Garzanti è sponsor "l’ente o l’operatore economico che, a scopo di ricavarne pubblicità, finanzia attività sportive, culturali di spettacolo e simili" in latino (lingua da cui trae origine la parola in questione) sponsor indica il garante, il padrino di qualcuno/qualcosa.



Cosa ne ricaviamo?
Innanzi tutto che lo scopo dello sponsor è (o almeno dovrebbe essere) ricavare pubblicità, l’affermazione di per sé corretta può però dirsi parziale ed incompleta visto che in alcuni casi l’azienda tende a sponsorizzare per portare al suo interno i valori positivi dello sport prescelto, caso emblematico quello di IVECO ed il rugby in cui l’azienda usa come frase chiave della campagna pubblicitaria " ci guidano gli stessi valori ".
Parlando però per le sponsorizzazioni anche "parrocchiali" lo scopo è ottenere pubblicità, detta in maniera più semplice più visibilità a costo per contatto inferiore.


Costo contatto = € spesi / n° di persone contattate con la mia pubblicità



Quindi è importante mettere in risalto in numeri che la propria associazione possiede a livello di iscritti, spettattori, simpatizzanti, etc.



Ecco perché nel mio precedente intervento ho dato il cartellino rosso alle sponsorizzazioni "fiscali", ecco perché è corretto asserire che le sponsorizzazioni sono e devono essere leve della comunicazione aziendale.



L’azienda che sponsorizza però non si fa solo pubblicità, ma fa anche un'opera socialmente utile.
Questo lo deduciamo dal suo significato latino, infatti abbiamo detto che sponsor indica il garante/padrino ovvero il promotore di una determinata idea che in questo caso non può essere altro che il valore e l’influenza positiva che lo sport ha sulla società civile.


Molto spesso capita di vedere nelle categorie più basse o nelle giovanili squadre di periferia senza fondi e senza sponsor con dirigenti alla Calimero che si lamentano di essere "piccoli e neri".
In realtà il loro punto debole (il ceto sociale generalmente basso, il disagio giovanile in cui i giovani atleti possono vivere, etc.) è potenzialmente il loro punto di forza, come?
Pensate a quanti ragazzi sfuggono alla delinquenza, alla droga ed ad altri guai semplicemente dando calci ad un pallone!
Un’azienda che abbia voglia di investire non necessariamente molto denaro può, finanziando queste squadre di periferia, darsi un’immagine di società etica, promotrice della legalità in senso assoluto.
Mica cosa da poco!!!



(continua)

15 aprile 2008

Prolegomeni alle Sponsorizzazioni





Come scritto nell’intervento su ALLRUGBY di Marzo, le società, le federazioni ed in generale tutti gli sportmakers (dall’inglese sport – makers = cioè tutti coloro che fanno sport, viene usato come termine generico) cercano sponsor.
Niente di strano, in un settore dove solo raramente in Italia si riesce ad autofinanziarsi, lo sponsor diventa fondamentale, qui si aprono mille tematiche di cui parlerò presto in prossimi interventi per il momento restiamo concentrati sulla tematica sponsor.
Il problema vero è che le società spesso non cercano lo sponsor intendendolo come "l’azienda interessata a traslare i valori del mio sport o della mia società/federazione al suo campo d’azione" bensì come "l’azienda interessata al suo fatturato, se poi facciamo un po’ di nero meglio".




NO!!! SBAGLIATO!!! CARTELLINO ROSSO!!!




Sbagliato da parte della società sportiva che svilisce il suo ruolo educativo ( con che coraggio si può dire ai propri tesserati di rispettare le regole del gioco/sport se il primo soggetto a non rispettare le regole del vivere civile è la società stessa??!!); e sbagliato anche da parte dell’azienda in primis perché fa un illecito, in secondo perché non sfrutta una leva del marketing e della comunicazione!!




Cosa fare dunque per diventare appetibili?




La cosa è abbastanza logica, dobbiamo farci belli, renderci interessanti e rendere la nostra appetibilità il più indipendente possibile dai risultati sportivi per evitare oscillazioni di presenza sponsor nel nostro paniere da un anno all’altro.




I dettagli li spiegherò meglio nel prossimo post.

13 aprile 2008

Su ALLRUGBY n°14/2008 ora in Edicola

Cari lettori tanto per incominciare vi allego quella che è la lettera inviata al "ALLRugby" e che troverete sul numero 14 della rivista sopra citata. Sono in pratica entrato nella mischia sull'argomento vivai nel rugby, argomento assai caldo e di cui mi sto occupando.

"Egregio direttore,
sono un giovane appassionato di rugby nonchè consulente marketing per varie società sportive,
in Piemonte sto lavorando anche nell'ambito rugby per entrare nelle scuole.
Trovo strano che ci sia tanta difficoltà da parte del movimento ad entrare nella quotidianità dei bambini,
credo che in primis manchi spirito di osservazione e un po di fantasia il tutto ben condito da principi di marketing e comunicazione.
Ricetta semplice? abbastanza, specie se le società guardassero ai possibili finanziamenti nazionali e locali per sviluppare ed ampliare
la propria presenza tra i giovani e i giovanissimi.
Non sono d'accordo con Mangialardi (sul n°13) quando parla dei vivai e di non iniziare da zone dove il rugby non è di casa, sono anzi convinto che sia da lì che bisogna
iniziare, un po come tecnicamente fa Mallet con i nostri azzurri, bisogna rafforzare il punto debole, insinuarsi laddove è difficili.
Guardate gli sponsor azzurri (senza fare nomi) la maggior parte tra i più visibili è di Torino! con una forza così alle spalle credete sia difficile
sfondare a livello di immagine?! se non hanno interesse loro, oltre alla Fir, chi dovrebbe averlo?
Ecco perchè credo che in Piemonte, con i progetti regionali, la linfa degli sponsor e la passione dei rugbisti presto avremo sorprese.
Rugbisti di fama? Può essere, sicuramente ragazzi formati alla vita secondo le regole del rugby quindi gentiluomini.
Anche questa è comunicazione.
Sul problema poi dei corsi di formazione direi che è un problema dello sport italiano, la comunicazione interessa solo se porta sponsor e deve farlo
anche in fretta altrimenti "meglio comprare un giocatore con la stessa cifra che pago un consulente marketing, almeno so cosa farmene".
Ma qui dipende dalle Federazioni delegare,promuovere e finanaziare attività di formazione sparse un po ovunque in Italia e far comprendere quanto la comunicazione non sia solo sponsor ma molto, molto, molto altro.

Andrea Annunziata
"

12 aprile 2008

Welcome


Salve a tutti!
Questo primo post vuole essere solo un benvenuto.

D: Ma come ti è venuto in mente di creare questo blog?

R: L'idea di questo blog è di spiegare le interessanti possibilità di business che lo sport può rappresentare per le aziende.
Spesso mi sento chiedere da responsabili di aziende quali siano gli strumenti utilizzabili
nello sport, per di più si nota un certo "imbarazzo" come se si parlasse di qualcosa di strano
ed inusuale.
Allo stesso modo si nota un certo imbarazzo a parlare di business strutturato in modo aziendale
all'interno delle società o addirittura nelle federazioni.
Per dirla in parole povere sportmakers e aziende sono due entità che parlano lingue diverse perchè vengono da pianeti diversi.
Senza pretese da saccenti cercheremo di creare un manuale di sopravvivenza per entrambi i pianeti.