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27 ottobre 2009

PremierLeague: ingaggi folli portano alla crisi


PremierLeague: un nome che sembra sinonimo di organizzazione del calcio al top.
Ma è davvero così?
In realtà no, la miglior organizzazione è presso i club della Bundesliga tedesca.
Perchè dico questo?
Dal giugno 1996 all'agosto 1997 subito dopo il contratto faraonico fatto con Sky, 11 club inglesi si quotarono alla Borsa di Londra.
Oggi quella bolla pari, per certi aspetti, a quella dei titoli informatici è scoppiata, di quegl'undici nessuno è ancora nel listino principale ed alcuni hanno fatto "delisting", ovvero sono usciti dal listino (per es. Manchester United).
Azioni volte a ritornare magari in futuro ma dopo aver messo in sesto i bilanci disastrati.
Eppure gli analisti avevano prospettato interessanti ritorni economici da quel particolare tipo di azioni, il problema è che non avevano valutato la cattiva capacità di gestione dei dirigenti sportivi.
Invece di pensare alla ricchezza degli azionisti, i dirigenti pensarono di far lievitare gli ingaggi dei giocatori pur di averli al proprio servizio.
Così facendo hanno evaporato la quasi totalità delle ricchezze.
Gli inglesi infatti con le norme del fairplay finaziario rischiano, in molti casi, di non poter partecipare alle coppe europee.
Le eccezioni ci sono e sono sulle dita di una mano: Arsenal e Tottenham. STOP.
La lezione sembra compresa si attende altrettanto dalla Spagna che sembra non aver imparato la lezione inglese.

19 ottobre 2009

World Cup 2010 la tampa di Klaus Davi: ovvero il calcio non si gioca da Simona Ventura




Giorni fa (il 15 ottobre per essere precisi) ho letto un articolo sui mondiali di calcio che avrebbe fatto sorridere se l’opinioni scritte non fossero di uno dei massmediologi più in voga del momento, sto parlando di Klaus Davi.
Costui asserisce (e cito letteralmente dall’articolo) che: "Nasce, forse per la prima volta, un serio problema di comunicazione.
Potrebbe addirittura minare il sistema del calcio internazionale, che ha bisogno di questi grandi personaggi, forti testimonial, amati dal pubblico e collegati alle grandi aziende
".
Sta infatti commentando il fatto che molte nazionali con super-campioni non si siano qualificate e che quindi non giocheranno quest’estate in Sud-Africa.
Klaus Davi non ha dubbi: "Si pone un forte problema di comunicabilità del Mondiale senza gli
eroi amati dalla gente. Il calcio dovrà essere così bravo da creare nuovi eroi, storie, personaggi,
altrimenti sarà dura". Le conseguenze? "Ricadute in termini di sponsor, calo di audience, minori
investimenti con scarso appeal: ripeto, il calcio senza i suoi eroi non può stare in piedi. C’è il rischio di un Mondiale di serie B
".


Evidentemente a furia di parlare di tutto Klaus Davi non sa neppure di cosa parla.


Sono ormai anni che le grandi nazionali non presenziano o giocano male i mondiali (pensiamo al Brasile, all’Argentina o all’Inghilterra assente nel 2006) eppure tutti ricordano personaggi e squadre che prima non si aspettavano così forti (la Repubblica Ceca, le squadre africane, l’Ukraina….). Non solo il business proprio per questa espansione di entusiasmo è in crescita di fatturato e praticanti ovunque sul pianeta.


Davi si è dimenticato di un fatto: lo sport crea e fagocita i suoi campioni a ritmo continuo.

Gli esempi sono infiniti e sono presenti in tutti gli sport, Davi fa un errore d’approccio notevole ed elementare, guarda al mondiale come al luogo dell’apparire campione mentre il mondiale sarà la massima espressione dell’essere atleta così come lo sono le olimpiadi per gli altri sport.
Ha quindi perfettamente ragione Battista Servegnini a dire: "Gli stadi in Sudafrica saranno comunque pieni, con o senza Cristiano Ronaldo in campo, e la pubblicità non subirà contraccolpi. L’interesse per il fenomeno World Cup sarà superiore rispetto alla forza pubblicitaria di un singolo calciatore. Vedrete, magari un inaspettato derby tra le tante squadre africane, o tra le due Coree, attirerà molto più interesse di quanto si possa oggi immaginare".

12 ottobre 2009

Juventus: un vero affare


Analizzando i dati economici del calcio italiano, si nota una inversione di tendenza nella gestione e nella spesa di alcuni club che, in modo previdente, stanno applicando un tutto o in parte le regole di "fairplay finanziario" volute da Platini.
Tra le italiane spiccano la Lazio e la Juventus.
La prima ha trovato un equilibrio medio alto, la seconda punta a ritornare vincente con una gestione che porti agli utili e non a spaventosi passivi che hanno caratterizzato la gestione delle due milanesi Inter in particolar modo.
La cosa interessante nel bilancio bianconero è il fatto di essere arrivato ad un utile di 6.6 milioni di Euro aumentando tutte le voci di ricavi.
L'attivo tuttavia risulta al momento ancora dipendente dall'andamento della squadra nelle coppe europee e per l'anno prossimo l'incognita sarà la gestione collettiva dei diritti Tv.
Tuttavia risulta assai interessante in quanto a breve sorgerà lo stadio di proprietà, unico in Italia,
e ciò dovrebbe variegare e aumentare i ricavi in entrata.
La speranza è che l'esperienza inglese (di cui parlerò nel prossimo post) abbia insegnato qualcosa.